I nuovi dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente sugli eventi estremi in Campania e i numeri sull’abusivismo sull’isola di Ischia.

In Campania da inizio anno registrati 18 eventi climatici estremi, 6 solo nel mese di novembre. Salgono a 100 quelli monitorati dal 2010 fino a metà novembre 2022.

27mila le richieste di condono presentate dagli isolani con i tre condoni nazionali. 600 le case abusive colpite da ordinanza definitiva di abbattimento.

L’associazione ambientalista: “Al Governo Meloni chiediamo tre azioni concrete: il piano nazionale di adattamento al clima in bozza dal 2018, la legge contro il consumo di suolo in stallo da due legislature e l’istituzione di una cabina di regia nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico

Da inizio 2022 in Campania si sono registrati 18 eventi climatici estremi, 6 solo nel mese di novembre. Salgono, inoltre, a 100 i fenomeni estremi monitorati nella regione campana dal 2010 fino ai primi giorni di novembre 2022, tra questi sono 38 i casi di allagamenti e alluvioni e 4 le frane da piogge intense. Preoccupanti anche i dati sull’abusivismo edilizio, in particolare ad Ischia sono circa 600 le case abusive colpite da ordinanza definitiva di abbattimento sull’isola maggiore dello splendido arcipelago partenopeo. Arriva a 27.000, invece, il numero delle pratiche di condono presentate in occasione delle tre leggi nazionali: di queste risultano negli uffici tecnici di Forio 8530 istanze, 3506 a Casamicciola e 1910 a Lacco Ameno. E dopo il Decreto Genova del 2018, contenente un condono per la ricostruzione post terremoto di Ischia, il numero di fabbricati danneggiati che hanno fatto richiesta di sanatoria sono ad oggi circa 1000.

A diffondere i nuovi dati aggiornati sugli eventi estremi climatici in Campania e sulla piaga dell’abusivismo a Ischia è Legambiente che, con il suo Osservatorio CittàClima, all’indomani della tragedia che ha colpito l’isola, lancia un appello al Governo Meloni per chiedere tre impegni e azioni concrete, non più rimandabili, per la lotta alla crisi climatica e la mitigazione del rischio idrogeologico, garantendo la sicurezza dei cittadini: un piano nazionale di adattamento al clima, una legge contro il consumo di suolo, e l’istituzione di una cabina di regia nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico.

 Primo impegno, entro la fine dell’anno l’Italia deve dotarsi di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, come hanno già fatto 24 paesi europei. Il piano nazionale in questione, rimasto in bozza dal 2018 quando era presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, prevede tutti quegli interventi che lo Stato, le Regioni e i Comuni devono mettere in campo per convivere con l’emergenza climatica. Dal 2018, sottolinea l’associazione ambientalista, si sono succeduti tre governi (Conte1, Conte 2, Draghi) e due ministri dell’ambiente e della transizione ecologica (Sergio Costa e Roberto Cingolani), ma nulla è stato fatto per approvare il piano e renderlo operativo a tutti gli effetti.

Secondo impegno, occorre approvare al più presto la legge contro il consumo di suolo in stallo da due legislature e dire basta alla logica dei condoni. Sono trascorsi quasi 10 anni da quando il Consiglio dei ministri approvò il ddl proposto dall’allora Ministro all’agricoltura Mario Catania per fermare il consumo di suolo in Italia, senza arrivare all’approvazione della legge in Parlamento. Da allora le proposte di legge si sono moltiplicate, sono trascorse altre 2 legislature, ma una legge per proteggere il suolo non è mai uscita dalle secche della discussione parlamentare. Dal 1985 al 2003 in Italia, poi, sono stati approvati tre condoni edilizi nazionali che avrebbero dovuto sanare edifici realizzati spesso in aree a rischio idrogeologico, sismico, costruiti anche con lavoro nero e/o materiali di scarsa qualità, con molte domande ancora inevase dagli uffici tecnici comunali. Nel 2018 la storia si è ripetuta, e nel decreto Genova dell’allora Governo Conte 1, è stato inserito un condono per Ischia prevedendo la sanatoria delle costruzioni abusive, anche in aree a rischio idrogeologico, secondo i criteri più permissivi della sanatoria varata nel 1985 dal Governo Craxi.

Terzo impegno che Legambiente chiede al Governo Meloni è l’istituzione di una cabina di regia nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, sulla falsariga di quanto fatto con la struttura di missione Italia Sicura, cancellata inspiegabilmente dal governo Conte 1 poco dopo il suo insediamento. Serve mettere al centro della governance del territorio, oltre al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, anche le Autorità di distretto col compito di definire le priorità sul piano dei finanziamenti, indicando come spendere le risorse pubbliche per i vari interventi di mitigazione del rischio, facendole diventare un punto di riferimento per Comuni e Regioni non solo nella realizzazione degli interventi ma anche per il controllo e il governo territoriale.

 “L’Italia, uno dei Paesi più delicati dal punto di vista idrogeologico del mondo, è sempre più travolto da eventi estremi su un territorio martoriato dalla cementificazione legale e illegale e ha bisogno di interventi concreti – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –. Non può più continuare a rincorrere le emergenze senza una strategia di prevenzione e politiche innovative territoriali, perché altrimenti ogni tragedia rischia di essere sempre la penultima, come è stata quella delle Marche del settembre scorso. Abbiamo ascoltato le parole di sgomento dai rappresentanti dei diversi governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, ma alle parole di solidarietà spese sono seguite raramente azioni risolutive. Le nostre 3 proposte al governo Meloni, per adattarci alla crisi climatica e promuovere politiche di rigenerazione urbana e governo del territorio, vanno proprio in questa direzione. Invece di perdere tempo annunciando opere faraoniche e inutili come il Ponte sullo Stretto di Messina, si lavori ad una grande opera pubblica che serve al Paese che si chiama ‘messa in sicurezza del territorio’, che passa anche da impegnativi interventi strutturali come le delocalizzazioni di edifici residenziali e produttivi realizzati nel passato in aree a rischio”.

“In Campania si deve essere chiari: sanatorie e condoni sono parole di condanne per chi vive in una regione dai piedi di argilla. – dichiara Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – Nella nostra regione, ancora una volta, l’emergenza coincide con il malgoverno del territorio, quello che continua a condonare invece che abbattere gli edifici abusivi. In Campania il cemento legale e illegale ha reso il territorio ancora più fragile e con tristezza e rabbia oggi ritorniamo al decreto Genova del 2018 quando si è deciso di ricostruire con procedure più permissive i tre comuni colpiti dal terremoto ischitano del 2017, Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, dove il numero di fabbricati danneggiati che hanno fatto richiesta di condono sono ad oggi circa 1000. La strada sbagliata in una regione dove su 6.966 ordinanze di demolizione ne sono state eseguite solo 1363, mentre solo il 19,6 % degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo è stato abbattuto.”

Intanto in Italia, come nel resto nel mondo, continuano ad intensificarsi gli eventi climatici estremi. Stando all’ultimo report CittàClima di Legambiente diffuso la scorsa settimana: in Italia nei primi dieci mesi del 2022, si tratta di dati parziali, si sono registrati 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% rispetto all’interno anno precedente.  Inoltre negli ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati dall’associazione ambientalista – l’Italia ha speso 13,3 miliardi di euro in fondi assegnati per le emergenze meteoclimatiche (tra gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato). Si tratta di una media di 1,48 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni. Con le politiche di prevenzione si risparmierebbe il 75% delle risorse destinate a riparare i danni.

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